Gli anniversari, i centenari, ci inducono a fare memoria … andare indietro nel tempo che è stato, per riscoprire eventi, persone, messaggi e valori che hanno costruito la vicenda umana.
Il secondo centenario della Ordinazione sacerdotale di Giovanni Battista Quilici ci ha quasi obbligato a ripercorrere a ritroso un po’ di storia della nostra Diocesi e cammin facendo ci siamo imbattuti in un altro sacerdote vissuto il secolo scorso, Roberto Angeli che ne è stato il primo biografo. La biografia scritta da don Roberto e che riponiamo all’attenzione della città di Livorno, fu scritta ottanta anni fa come preparazione alla sua ordinazione sacerdotale, dunque un altro anniversario. Forse più di una ricorrenza perché come nella prefazione è stato sottolineato questi due preti si sono provvidenzialmente incontrati e l’uno ha generato l’altro nella stessa vocazione.
[un’altra “coincidenza” ci ha fatto pensare: don Giovanni Battista è morto il 10 giugno 1844, don Roberto Angeli ha chiuso gli occhi il 26 maggio 1978. In queste due date la Chiesa celebrava la festa del Corpus Domini. Una coincidenza del calendario liturgico o piuttosto un sottile disegno della Provvidenza divina, un segno di comunione in quella Eucarestia che insieme hanno celebrato e vissuto. ]
Due epoche diversissime tra loro, due situazioni sociali e politiche, due realtà che sembrano imparagonabili, ma una sola città: Livorno, dalle caratteristiche atipiche. Sarà il salmastro che penetra nelle giunture e dà particolare vigore, forse il libeccio che quando tira scompiglia capelli e idee, sarà il cacciucco che ben rappresenta l’origine mista e povera del tessuto di questa città che pur nello scorrere della storia alcune dritte permangono inossidabili al tempo.
A veder bene l’esperienza del Quilici e dell’Angeli sono generate da quella stessa città in epoche distanti tra loro ma accumunate dal degrado, dal disagio sociale e dalla povertà: nell’ottocento la città ha visto il dominio dei Lorena, poi l’arrivo dei napoleonici, i Borbone e ancora i Lorena, poi la febbre gialla e la terribile epidemia di colera; nel novecento l’esperienza nazifascista ha diviso la città da sempre anarchica, poi la guerra, il passaggio del fronte, i bombardamenti che hanno ridotto la città “al pagliolo” (il fondo della barca). Questi due preti hanno saputo vedere, ascoltare, valutare, capire l’animo e la situazione dei livornesi, sono stati profeti capaci di leggere i segni del loro tempo, - perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto (Lc 12,57) - e, animati da fede non comune, hanno fatto scelte rivoluzionarie.
Fare memoria di personaggi così caratterizzati, dalla santità evidente può essere semplice e gratificante: belle parole, eventi ben organizzati, celebrazioni coinvolgenti. Più difficile è mantenere la memoria: lasciarsi ispirare tutti i giorni dalla loro vita. Trovare nella loro esperienza, nella capacità di rapportarsi alle persone e alla città i motivi di scelte coraggiose nell’«oggi» del nostro tempo, così come questi due nostri amici hanno vissuto l’«oggi» del loro tempo.
Scopo del presente lavoro non è solo celebrativo, piuttosto vorrebbe essere una occasione stimolante per ritrovare queste vecchie amicizie, per restituire alla città il dono di una esperienza forte e significativa.
Il mare continua a sbattere con violenza e delicatezza sugli stessi scogli, stesse sono le novità di questo porto: “o piove o tira vento o sona a morto”; anche la saggezza popolare ci dice che le cose non cambiano molto. Se è pur vero che la città non è più la stessa, si allarga e cresce, il traffico e la tecnologia mutano aspetti, atteggiamenti, problematiche ma è anche vero che come il vento e il mare l’animo delle persone è lo stesso. Il degrado, il disagio sociale, la povertà cambiano forma, modo di esprimersi, si sostanziano diversamente ma non l’animo dell’uomo, non la capacità di vedere, ascoltare e valutare, non il desiderio di capire persone e le situazioni.
Il fare memoria ci conduca, dunque, a mantenere la memoria, lasciarsi coinvolgere da storie eccezionali per scoprire quanto l’eccezionalità possa essere normale esperienza di tutti i giorni.
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